Parma, 9 maggio 2018 - La spinta è arrivata dalle aziende leader del settore tessile che, a garanzia della qualità dei loro prodotti e a tutela del consumatore, avevano la necessità di disporre di una metodologia analitica oggettiva e precisa in grado di identificare e quantificare fibre di lana, cashmere e yak, sia pure che in mista, presenti all’interno di manufatti tessili.Il lavoro di ricerca e messa a punto del metodo di autenticazione è iniziato nel 2011 da una collaborazione tra il gruppo di lavoro della dott.ssa Claudia Vineis, del CNR-ISMAC Biella e quello del prof. Stefano Sforza del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’Università di Parma, grazie al finanziamento del Cashmere and Camel hair Manufacturers Institute (CCMI) di Boston.Per rispondere a questo problema, l’approccio utilizzato è stato il medesimo già applicato in precedenza con successo dal gruppo dell’Università di Parma per l’autenticazione di specie in prodotti alimentari, quali formaggi e ragù di carne, che prevede il riconoscimento e la quantificazione di peptidi specie-specifici mediante LC/ESI-MS. Il metodo proteomico basato sulla cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (LC-ESI/MS) per l’analisi quali-quantitativa delle fibre animali pregiate quali lana, cashmere e yak, sviluppato in maniera congiunta dall’Istituto per lo Studio delle Macromolecole (ISMAC) di Biella e dall’Università di Parma, è quindi diventato norma di riferimento internazionale: ISO 20418-1 Textiles – Qualitative and quantitative proteomic analysis of some animal hair fibres Part 1: Peptide detection using LC-ESI-MS with protein reduction.Dopo la messa a punto del metodo e la sua pubblicazione su riviste internazionali, nel 2014 il metodo proteomico è diventato norma interna dell’Istituto del CNR ed è stato avviato il percorso di trasformazione in norma internazionale che si è concluso a marzo 2018 con la sua pubblicazione.